Gestalt Counselling


La Gestalt è una pratica terapeutica nata all’interno delle psicologie umanistiche che ha come radice la psicoanalisi freudiana e che è stata sviluppata come un approccio autonomo (‘la terapia gestaltica’) da Fritz Perls, uno psicologo nato a Berlino nel 1893 noto per la sua lontananza dall’ortodossia psicoterapeutica. La Gestalt  nasce coma una forma di terapia ma si sviluppa nel tempo come un approccio più generale, un orientamento,  basato sull’esperienza e caratterizzato dalla continua attenzione al presente in un contesto di relazione con l’altro.

Il Counselling è una particolare forma di relazione d’aiuto dove nel processo interattivo tra counsellor e cliente ci si prende cura di temi e difficoltà relative a situazioni di vita sia di natura esistenziale, sia di natura relazionale (con sé stessi o con l’altro).

La Gestalt Mindfulness Counselling (insegnata all’Istituto Gestalt Versilia, orientamento da me seguito) unisce l’approccio gestaltico ad indirizzo fenomenologico-esistenziale, arricchito dal contributo originale di oltre cinquant’anni anni di ricerca teorico-pratica di Paolo Quattrini, fondatore dell’Istituto Gestalt Firenze, alla mindfulness, una pratica meditativa di consapevolezza che attraverso l’osservazione non giudicante e la conoscenza non concettuale del funzionamento della propria mente porta alla scoperta di altre/nuove percezioni di sé. Questa consapevolezza dei propri processi interni e nella relazione con l’altro, già centrale nell’approccio gestaltico, è alla base del processo di cambiamento che avviene nell’esperienza del momento presente della seduta di counselling e che poi continua nel mondo e nella vita individuale della persona.

Non è facile “descrivere” la Gestalt. 

Come esprime bene Petruska Clarkson nel suo libro Gestalt Counseling “la Gestalt che può essere descritta non è Gestalt”, si può solo parlare “intorno alla Gestalt”.

E parlando intorno alla Gestalt lei scrive:

Illustrazione di Martina Flores Aricò

“La parola tedesca Gestalt non è facilmente traducibile con un solo termine in italiano. Essa abbraccia un’ampia varietà di concetti: figura, struttura, forma intera, configurazione. Essa denota l’unità strutturale che è differente e maggiore rispetto alla somma delle sue parti. (…) Lo scopo dell’approccio della Gestalt è di far scoprire, esplorare e sperimentare alla persona la sua propria forma, il suo modello e la sua interezza. L’analisi può costituire una parte del processo, ma lo scopo è l’integrazione di tutte le parti disparate. In questo modo le persone possono permettersi di diventare quello che già sono, e quello che potenzialmente possono diventare. Questa pienezza di esperienza può comunque essere disponibile per loro sia nel corso della propria vita che nell’esperienza del singolo momento”.  

Perls identificò la Gestalt come il solo approccio esistenziale basato sulla fenomenologia, che opera lontano dai concetti e a contatto con la consapevolezza. La fenomenologia “descrive” l’esperienza, non la interpreta, ogni interpretazione è concepita come un oscuramento della percezione e un’interferenza con l’esperienza diretta.

“Nella Gestalt si ha un’interazione diretta con la persona come si presenta momento per momento, dove si osserva come fa e si ascolta l’effetto che fa: per poter interagire realisticamente bisogna riconoscere i fenomeni che la persona presenta, cioè bisogna accorgersi di dove va la sua attenzione e che effetto gli fa quello che percepisce, e allo stesso tempo stare in contatto con la propria esperienza.” (Paolo Quattrini).

Continuando con Paolo Quattrini: 
“L’approccio fenomenologico esistenziale lavora per allargare e approfondire il senso della vita, dove il senso è associato al sentire, all’esperienza. Sentire è uno strumento di conoscenza che precede il pensare e l’agire. Si conosce per esistere, e l’esistenza è il punto di riferimento ultimo. Una persona che comincia una relazione d’aiuto, dal punto di vista fenomenologico-esistenziale è una persona che cerca di sviluppare la sua esistenza, renderla più coerente e valida, di amministrare la propria vita, ma non secondo un modello perché l’esistenza è unica e inimitabile, ogni persona ha la sua esistenza. Nell’approccio fenomenologico-esistenziale, si parla di esistenzialismo, cioè, di esistere non di essere. Non si cerca di capire quello che una persona è, ma come una persona esiste. Esistere significa essere nel tempo. Quello che si vede nella relazione d’aiuto è qualcuno che sta nel tempo, che muta, che interagisce. Quello che si guarda sono le interazioni tra la persona e le altre persone, la persona nel contesto. Il contesto, all’interno della seduta, è, sia la relazione tra la persona e sé stessa, sia la relazione della persona con il terapeuta/counselor. Tutto il lavoro è un lavoro di relazione, e la relazione è centrata sulla capacità del terapeuta/counselor di stare nella relazione con l’altro in una relazione io-tu, in un processo intersoggettivo chiamato circolo ermeneutico perché consiste in un continuo rimbalzo tra l’uno e l’altro. E’ un circolo che non finisce mai, che spesso è tra il cliente e i suoi personaggi interni, e a volte tra lui e il terapeuta/counsellor. Cliente e operatore sono tesi e antitesi, o come si dice in Gestalt, due polarità, che vengono annullate con il processo dialettico dove si sale verso la sintesi. Quindi è un tipo di rapporto centrato sulla creatività, una creatività orientata al comportamento. Il terapeuta/counselor propone al cliente l’esperienza, le sue domande offrono al cliente-interlocutore delle possibilità, l’interlocutore rispondendo si da le risposte, facendo esperienza si dice le cose. Il terapeuta/counsellor può dire molte cose ma non può fare l’esperienza per lui, può solo offrirgli l’esperienza.” (Tratto liberamente e adattato da Per una Psicoterapia Fenomenologico Esistenziale. Video intervista a Paolo Quattrini).

Illustrazione di Liz

Spesso il processo di movimento delle varie esperienze nella vita, caratterizzato da un loro alternarsi, di gestalt che si aprono e si chiudono, è interrotto, portando a un ripetersi fisso e rigido di situazioni incompiute, di gestalt rimaste aperte, che impediscono il formarsi di nuove gestalt o esperienze. Il lavoro nel counselling è affrontare con il cliente queste interruzioni accompagnandolo, senza interferire, verso una conclusione nuova e inattesa attraverso un’esperienza diversa che si svolge nel presente della seduta e che si riferisce all’esistenza reale della persona, nel suo ambiente, per poter ritornare a quella situazione, naturale, umana, basilare, sana che in Gestalt viene chiamata “autoregolazione organismica”, un processo che se non interrotto avviene da solo.

“Che cos’è un organismo? Definiamo organismo ogni essere vivente provvisto di organi che possieda un’organizzazione, che sia capace di autoregolarsi internamente. (…) Noi non siamo una somma di parti, ma un coordinato estremamente complesso di tutti i diversi frammenti che entrano a far parte dell’organismo. (…) La salute è un equilibrio adeguato del coordinato di tutto ciò che noi siamo. (…) Non è nemmeno possibile separare l’organismo dal suo ambiente (…) Consideriamo l’organismo semplicemente come un sistema in equilibrio, che deve funzionare nel modo giusto. Ogni squilibrio viene vissuto come un bisogno di correggere lo squilibrio stesso. (…) Arriviamo così al fenomeno più interessante: l’autoregolazione, di contro alla regolazione esterna. (…) Con una piena consapevolezza si diventa consapevoli di questa autoregolazione dell’organismo, si può lasciare che l’organismo prenda in mano la situazione senza interferire, senza interrompere; della saggezza dell’organismo ci si può fidare”. (F. Perls, La terapia gestaltica parola per parola).

Collegato al principio dell’autoregolazione organismica è quello di “maturazione” o crescita della persona/organismo. Per Perls “la maturazione è trascendenza dal sostegno ambientale, è “fare da soli” e il fine della relazione d’aiuto è aiutare la persona in questo processo, aiutarla a rimuovere i blocchi che le impediscono di camminare con le proprie gambe, a scoprire come fa a non riconoscere e utilizzare le sue risorse e vivere una vita più ricca, scoprire di cosa ha bisogno, scoprire le sue parti che ha allontanato, che ha delegato al mondo esterno o disconosciute.

Ma, come sostiene James Simkin, “non credo che essere completamente autosufficienti sia un ideale”, si tratta di trovare un equilibrio tra autosostegno e sostegno che deriva dalla relazione con gli altri, “quale sia questo equilibrio ognuno lo deve decidere da sé”.

Illustrazione di Berta Flores Aricò

E’ una ricerca che passa dalla propria intenzione e dalla piena esperienza dell’ascoltare se stessi, dall’enorme conflitto tra il proprio istinto creativo e l’adattarsi alle regole dell’ambiente, da un allargamento della visione, dal fare continuamente scoperte e invenzioni, un processo che spesso porta a una nuova rappresentazione di sé, uno spostamento psicologico dalla propria gestalt concettuale-esperenziale attuale a un modo di organizzare l’esperienza prima inimmaginabile. 

Un movimento di questo genere crea il potenziale perché nascano tipi di sensazioni e sentimenti, forme di relazione e qualità dell’essere vivi che l’individuo non aveva mai sperimentato e richiede sempre l’incontro di almeno due persone, un individuo da solo non può modificare radicalmente le categorie di senso fondamentali con cui organizza la sua esperienza (T.H. Odgen) , un processo che attraversa momenti di impasse che possono essere paurosi o dolorosi. 

“Per poter aiutare qualcuno bisogna saper prendere in rapporto la persona addolorata o impaurita o arrabbiata, e accompagnarla verso l’origine del dolore o della paura, aiutandola allo stesso tempo a sviluppare la funzione consolatoria e la funzione rassicurativa. Sviluppare queste funzioni è così difficile perché non sono istinti, e, non essendo quindi attitudini innate, debbono essere imparate con l’esperienza”. (P. Quattrini, L’effetto che fa).

Questo processo avviene nello spazio della relazione d’aiuto, uno spazio “creativo”, di empatia e equanimità che possiamo definire etico, fondato sul riconoscimento e considerazione della soggettività e dell’alterità e sulla convinzione che ognuno, in quanto essere umano, sia un “valore in sé”. 

“In ottica fenomenologica, l’empatia è lo strumento per porsi di fronte all’altro come soggetto mantenendo la dualità relazionale e nello stesso tempo comprendendo non solo il processo cognitivo, ma il processo affettivo-emotivo dell’altro; comprendere nel senso di prendere con sé e contemporaneamente essere in contatto con il processo che in sé stessi viene evocato dalla presenza dell’altro. (…) La relazione d’aiuto è allora la parte di un tutto, rappresenta ciò che fluisce tra due soggetti ‘etici’ in un contesto etico.” (P. Quattrini e A. Ravenna, Etica, deontologia e Psicoterapia della Gestalt).

Jaume Plensa – Spiegel 2010. Foto di puffin11k.

Cerco sempre di creare un luogo dove le persone possano incontrarsi e condividere dei sogni
Jaume Plensa

In Gestalt questo flusso avviene qui e ora, dove qui e ora è tutto quello che fa parte della nostra esistenza, la nostra esperienza, la nostra partecipazione. E’ come facciamo esperienza,  il processo in corso, e la realtà non è altro che consapevolezza dell’esperienza in corso.
Ora è il presente, il fenomeno.

Il presente è un’esperienza che trascende il tempo e lo spazio ed è connotato, non di rado, da un senso di sacralità
Corrado Pensa e Neva Papachristou, Dare il cuore a ciò che conta

Nell’interazione  tra counselor e cliente il passato e il futuro intervengono in diversi modi a seconda della situazione del momento, attualizzandosi o proiettandosi, assumendo un senso solo in quanto collegati alla realtà presente, come situazioni ancora aperte e in cerca di un completamento, in un’ottica di divenire e di cambiamento, assumendo un nuovo senso all’interno di una nuova storia che si va narrando, ovvero co-costruendo, insieme alle proprie risorse. E’ un processo narrativo e non logico-lineare, dove siamo artefici della creazione di senso e attraverso il quale è possibile ri-creare una rappresentazione viva della nostra storia, come ci racconta  in un suo articolo molto evocativo Luca Petrini ( Il passato non è passato su IN Formazione).

 

La Gestalt è un richiamo a una visione d’insieme, di noi stessi come organismi completi di esperienze, ricordi, proiezioni, di parti interne poco conosciute o riconosciute e eventi fisici e psichici che non possono essere scomposti o esclusi. 

Nella nostra esistenza personale, relazionale, culturale e sociale, la polarità è una continua fonte di evoluzione e di creatività che il cliente scopre nella co-costruzione e co-realizzazione della relazione con il counselor, nel qui e ora della seduta, riscoprendo attraverso la consapevolezza la propria intenzionalità, la spinta vitale che sta dietro la sua creatività.


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